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Cibo e ormoni: la dieta manda messaggi al corpo

La maggior parte delle funzioni del nostro corpo è governata da «messaggeri» il cui funzionamento dipende molto dalle scelte alimentari. Spesso guardiamo a ciò che mangiamo solo in termini di calorie, al massimo ci spingiamo a considerare i contenuti in macronutrienti come proteine, grassi, carboidrati, di rado pensiamo a sali minerali, vitamine o altri micronutrienti. Ma l’alimentazione è molto più di questo, perché ogni cosa che mandiamo giù incide sull’equilibrio ormonale dell’organismo e ha perciò effetti a cascata su come funzionano organi e tessuti, sulla salute, su come ci sentiamo.

Acqua e vasopressina

Il cibo influenza direttamente il metabolismo, che è la “traduzione” di come gli ormoni modificano proteine, lipidi e zuccheri in tutto quel che serve al corpo. Tutto ciò che mangiamo quindi induce un cambiamento ormonale, che c’è perfino quando beviamo un bicchiere d’acqua: introdurre liquidi provoca una distensione dei recettori nel glomo carotideo (una piccola massa di recettori all’interno delle arterie carotidi, capaci di sentire variazioni nella composizione del sangue e anche del suo volume) e questo segnala alla neuroipofisi di non produrre un ormone, la vasopressina, che serve a risparmiare acqua nell’organismo. Quando si è ben idratati perché si è bevuto a sufficienza non ce n’è bisogno e la vasopressina viene ridotta, se invece in estate o con il caldo ci si disidrata e non si beve abbastanza ne viene prodotta in abbondanza per trattenere più acqua possibile.

Ormoni «regola-appetito»

Molti nutrizionisti suggeriscono di suddividere l’assunzione calorica in 4-6 pasti più piccoli durante la giornata. Questo approccio è spesso consigliato per chi vuole mantenere costante il livello di energia Cibo e bevande insomma sono «messaggeri ormonali» e saperlo può rivelarsi utile per sfruttare a nostro vantaggio le loro proprietà. Per dimagrire, per esempio, bisogna sapere come si crea l’equilibrio fra fame e sazietà, tutto a carico di ormoni che dipendono anch’essi direttamente da ciò che mangiamo. Gli ormoni che regolano l’appetito sono soprattutto grelina e leptina. La prima è rilasciata dalla mucosa dello stomaco quando c’è un ridotto introito alimentare, specialmente di glucosio, che segnala al cervello una condizione di deficit energetico stimolando il senso di fame. La leptina, al contrario, viene prodotta dal tessuto adiposo a seguito dei pasti, se c’è un eccesso di apporto energetico e in caso di ridotta attività fisica: segnala che abbiamo a disposizione molte riserve di energia e stimola perciò il senso di sazietà. Se si accumulatroppo tessuto adiposo, in caso di sovrappeso od obesità, si sviluppa però una resistenza dei tessuti alla leptina che rende ancora più difficile dimagrire.

Grassi «di qualità»e colecistochinina

Un apporto adeguato di grassi quindi non va demonizzato, perché favorisce l’aumento della leptina e aiuta a rimanere sazi più a lungo e così a contenere l’introito calorico: il fat free non serve insomma, semmai è opportuno scegliere bene la qualità dei grassi. L’olio extravergine d’oliva per esempio è ottimo per raggiungere la quota di grassi, perché pur essendo calorico è ricco di sostanze antinfiammatorie e antinvecchiamento. I lipidi inoltre saziano anche grazie all’azione della colecistochinina, ormone che favorisce il rilascio della bile dalla colecisti per assorbire i grassi ma che rallenta pure lo svuotamento dello stomaco, dando un senso di pienezza più accentuato.

Proteine, insulina e testosterone

Altri componenti essenziali di un regime dimagrante sono le proteine: stimolano la produzione di insulina, ormone della crescita e testosterone, tutti ormoni che facilitano il mantenimento della massa muscolare. Perché l’efficacia di una dieta dimagrante si misura tutta sulla capacità di non perdere muscoli. Il problema della maggior parte delle persone che si mettono a dieta è l’effetto yo-yo ovvero il recupero, spesso con gli interessi, di tutti i chili persi. L’altalena del peso è però inevitabile se si pensa di poter dimagrire solo stringendo la cinghia, senza fare esercizio fisico: mangiando soltanto di meno e riducendo l’introito calorico i segnali ormonali abbassano il metabolismo basale, quello che serve a far funzionare al minimo la macchina-corpo, e se al contempo non ci si muove viene consumato anche il tessuto muscolare, la nostra principale centrale di utilizzo dell’energia. Si perde peso, quindi, ma pure massa magra; quando poi si ricomincia a mangiare normalmente, se si continua a restare sedentari si deposita grasso nei muscoli che pian piano diventano meno efficienti. I chili aumentano, ma sarà ancora più difficile perderli perché muscoli non allenati e infarciti di grasso fanno ansimare dopo appena due passi: un circolo vizioso che con gli anni fa ingrassare oltre il punto di partenza.

Effetto yo-yo e attività fisica

L’effetto yo-yo si spezza con l’attività fisica associata a un regime dimagrante che preveda sempre un buon apporto di proteine: danno il segnale ormonale di “costruzione” dei muscoli e sono indispensabili per dimagrire in salute, perché sono i muscoli a bruciare l’energia introdotta come grassi e carboidrati. Il corpo è una macchina, dobbiamo dargli benzina ma occorre usarla per muoverci oppure si ingolfa. Quando ci si allena inoltre i muscoli usano i carboidrati come fonte di energia, ma se la dieta è ipocalorica i lipidi vengono metabolizzati e utilizzati come «benzina», favorendo il calo di peso. L’utilità di grassi e proteine nei regimi dimagranti equilibrati non implica però che i carboidrati vadano messi al bando come spesso accade, perché anche questi nutrienti danno segnali ormonali importanti.

Il ruolo dei carboidrati

I carboidrati influenzano gli ormoni che regolano gli zuccheri nel sangue, ovvero l’insulina che ne favorisce il consumo a livello dei tessuti e quindi ha effetto ipoglicemizzante e il glucagone che ha l’azione contraria; nell’intestino, i carboidrati fanno produrre altri ormoni, le incretine, che regolano a loro volta il circuito insulina-glucagone. Anche le incretine favoriscono il senso di sazietà, sul centro della fame nel cervello e pure a livello dello stomaco perché rallentano i movimenti gastrici aumentando il senso di pienezza. Eliminare i carboidrati quindi non è saggio, perché oltre a essere energia «di pronto uso» servono a mantenere i delicati equilibri dell’appetito; quel che conta è sceglierli bene, preferendo quelli complessi da cereali integrali perché si assorbono lentamente e non comportano i picchi di insulina che alla lunga possono scompensare il metabolismo del glucosio, favorendo sovrappeso e diabete.